domenica 9 dicembre 2012

Capogrossi

La ricerca di un tema pittorico personale è una fase intima e personale il cui risultato germina dal principio ma si mette a fuoco col tempo.
Questo percorso è visibile nella retrospettiva dedicata a Capogrossi al Guggenheim dove si ha modo di avere una visione completa della sua produzione e soprattutto del passaggio da una pittura figurativa all'astrazione.
Partendo dalle prime esperienze pittoriche debitrici di De Chirico con suggestioni alla Masaccio e Piero della Francesca per la composizione geometrica analitica, le masse corporee e il colore terroso, i soggetti umani lasciano il posto a studi di oggetti comuni come le finestre e il conseguente studio di linee. L'evoluzione è stata ridurre ai minimi termini questi segni fino a trovare un segno identitario e forse atavico, nel quale convergessero la linea d'orizzonte e il cono ottico, o come indicano altri storici, un nucleo che contiene i quattro elementi naturali. Un pettine ridotto all'essenziale che diventa matrice ripetibile all'infinito secondo logiche compositive tali da creare spazi paragonabili a planimetrie irreali.
Se Fontana ha forato la tela per farvi entrare lo spazio, Capogrossi descrive uno spazio bidimensionale osservato da un lontanissimo punto di fuga. Uno spazio personale descritto per campi di forza generati dal morfema tetradentico: elemento che diventa carattere e termine insieme di equazioni spaziali, dove ogni composizione va letta come un racconto di rapporti fra forze.

domenica 25 novembre 2012

La rivincita del cerchio in Mondrian

Per quanto si possa ambire a trovare nella ricerca compositiva delle regole geometriche universali,  queste verranno messe in crisi da altre regole complesse.


Due sensazioni si succedono davanti al quadro 'Composizione' di Piet Mondrian esposto al Guggenheim. La prima è di fredda analisi dello spazio se visto ad una certa distanza, quando risulta perfetto quanto impersonale nella scelta linguistica e formale dei segni. 
Avvicinandosi alla tela c'è qualcosa di ironico nel vedere come nel tempo si siano create delle piccole crepe tra le quali una di forma circolare la quale diventa a suo modo un elemento, seppur indesiderato, della composizione. Che sia una conseguenza del gesto pittorico o semplicemente una conseguenza del tempo che passa, è una rivincita del cerchio.


domenica 18 novembre 2012

Giardino Sonoro


Giardino Sonoro è un'installazione situata nel Giardino delle Vergini all'Arsenale di Venezia, nell'ambito della Biennale Musica, realizzata da Lorenzo Brusci e Simone Conforti con il gruppo Architettura Sonora.
L'anello centrale capta l'avvicinamento o allontanamento dell'uomo, e in virtù di questo cambia l'intensità del suono, mentre una serie di sensori ricevono il suono dell'ambiente circostante lo rielaborano per diffonderlo tramite degli altoparlanti scultorei.

domenica 11 novembre 2012

sabato 10 novembre 2012

Biennale Architettura Arsenale 2012.1

Furio Colombo al Padiglione Italia


Al Padiglione Italia si può arrivare un po' prevenuti, sapendo che all'interno vi è un'analisi dell'esperienza di Adriano Olivetti, si può pensare che sia l'ennesima operazione nostalgia.
E' stata la voce autorevole di Furio Colombo oggi a eliminare la nebbia del preconcetto, raccontando la sua diretta esperienza come dirigente alla Olivetti a soli 26 anni e la conoscenza in prima persona di quel caso luminoso quanto al momento unico in Italia, di competenza lungimirante e capacità di pensare e costruire un'economia e una società moderna.
E' difficile riassumere il discorso complesso e ricco di riflessioni cui ho assistito, ma ci sono alcune considerazioni che ho ascoltato, che ritengo necessarie siano trasmesse.

La scelta di presentare alla Biennale il caso Olivetti, non va visto come un atto che guarda al passato, ma un richiamo perchè 'se un fatto come questo è accaduto, significa che può accadere di nuovo'. Purchè cambi la selezione delle risorse. In Olivetti, ha raccontato Colombo, vi era un dipartimento che si occupava della ricerca costante e della selezione del personale, ma contrariamente all'ottica attuale portata ad occupare temporaneamente posti di lavoro annullando le reali competenze e predisposizioni dei candidati (tanto meno i comprovati curriculum), nell'azienda vi era l'idea che il lavoratore fosse un talento speciale e per questo valorizzandolo diventasse il valore aggiunto del sistema aziendale, e infine del prodotto. E' il concetto diametralmente opposto a quello che ha propinato il sistema economico negli ultimi decenni, ovvero che 'nessuno è indispensabile, ma tutti sono sostituibili'. Questo concetto deformante, ha reso possibile la proliferazione di dirigenti selezionati in base alla capacità di tagliare, in grado a fine anno di 'dividere i dividendi', e discutere in località prestigiose dell'annoso problema del costo del lavoro.
Un atteggiamento quello di Olivetti che non può certo essere accusato di essere sognatore dal momento che i risultati sia industriali che urbanistici sono una lezione ancora attuale.

Dalla parte opposta della sala c'è un bosco, anzi un sottobosco che alla luce delle parole ascoltate appare come il fermento giovane e rigoglioso che cerca di crescere fra i rovi e l'aridità culturale.

sabato 3 novembre 2012

Biennale Architettura Giardini 2012.1

Sfidando mal tempo, acqua alta, corse dei vaporetti soppresse e nuvole minacciose, finalmente sono arrivata ai Giardini. Niente di epico però ad attendermi.
Il tema common ground è tanto generico da essere adattabile a molteplici interpretazioni. Se deve essere il tema il fil rouge che lega la selezione dei progetti presentati, ai giardini ce n'è più d'uno. Alcune delle categorie che definiscono approcci diversi alla riflessione architettonica si potrebbero così definire: nostalgica / cubitale / macroscopica.
Della prima fanno parte quelle sale espositive che presentano esperienze del passato, è il caso della sala dedicata alla Milano del dopoguerra con disegni originali, oppure l'autocelebrazione dei padiglioni della biennale o le edizioni di Casabella.
Il rapporto con il passato ritorna anche nella parte dedicata all'architetto Mario Piana, definito 'architetto invisibile', cui giustamente viene reso merito al suo lavoro di restauro di alcune opere veneziane tra cui le Gaggiandre all'Arsenale. 



Definirei cubitali quei padiglioni dove una frase, purchè scritta a caratteri, appunto, cubitali, riempie una parete e sembra essere autosufficiente. In alcuni casi può trasmettere tenerezza come nel Brasile dove campeggia l'invito a riposarsi citando una frase di Lucio Costa sulla costruzione di Brasilia, in altri invece suona come inutile chiasso. In Brasile invece ha qualcosa di ironico perchè arrivati a quel punto si ha proprio bisogno di una sosta, da fare magari su una delle amache sospese.




Macroscopiche sono quelle selezioni dove una piccola idea viene presentata in formato abnorme come se le dimensioni eccessive sopperissero allo scarso significato. Questo è frequente in diversi campi e non solo artistici, ma come indica l'immagine sotto:



Esercizi 15x20

Personali esercizi pittorici per educare l'occhio alla visione e la mano al gesto.


mercoledì 3 ottobre 2012

'L'ultima aggressione all'armonia di Venezia'

Su LaRepubblica di ieri 2 ottobre, è stata pubblicata una lettera di Salvatore Settis dal titolo 'L'ultima aggressione all'armonia di Venezia'. Il tema da cui muove è la trasformazione della città in nome di una presunta necessità d'innovazione. La riflessione di Settis è puntuale e parte proprio dal libro di cui ho già scritto, Un ponte di debole costituzione, ovvero da quel ponte 'calato sul Canal Grande senza alcun rapporto, nè stilistico, nè statico, con le caratteristiche del luogo (...)'. Da questo episodio individua quello che chiama 'virus' per il quale il solo nome di un'archistar eleva e giustifica qualsiasi scelta architettonica che stravolga la città storica.
Parole preziose.

Per chi volesse leggere l'articolo completo, questo è un link:

mercoledì 26 settembre 2012

Costruire sull'acqua ... il ponte di debole costituzione

Questo è il caso di due libelli che sebbene trattino temi diversi, sono intimamente legati anche in relazione al dibattito attuale sulle trasformazioni già fatte e quelle in progetto a Venezia. Entrambi i libri sono pubblicati nella collana Occhi aperti su Venezia, editore Corte del Fontego.
Il primo è 'Costruire sull'acqua' di Franco Mancuso che racconta la formazione di Venezia come un laboratorio di sperimentazione per nuove tecnologie in riposta ad un ambiente ostile. Tecniche che nel tempo si sono consolidate tanto da diventare almeno fino al XV secolo, tradizione da tramandare per costruire senza progetto costruttivo ma solo grazie alle soluzioni migliori, di pari passo con l'evoluzione del linguaggio architettonico. E' un breve saggio nel quale vengono spiegate le fondazioni, i muri a spina, le facciate, fino ad arrivare  a quegli elementi che caratterizzano lo spazio urbano, i campi, i pozzi, i percorsi e i ponti. Di uno di questi ultimi parla il secondo libro: 'Il ponte di debole costituzione' di Nelli-Elena Vanzan Marchini. Rispetto al primo qui si fa un salto temporale perchè si tratta di un resoconto dettagliato dell'epopea del Ponte della Costituzione, a partire dal 1996 quando il Comune accettò la donazione del progetto preliminare di Calatrava, passando per gli avvertimenti non ascoltati, al montaggio, fino alla sua non inaugurazione, e agli attuali costi di manutenzione e di controllo delle rive che vengono divaricate grazie al peso e alla forma del ponte. In vicende come questa c'è sempre un lato 'ridicolo', qui sta proprio nel fatto che ci si trova nella città dei ponti, dove la tradizione è tutt'uno con l'equilibrio della città stessa. Un esempio: il Ponte di Rialto. I Provveditori della fabbrica del ponte preferirono incaricare Antonio da Ponte anzichè archistar come Palladio, proprio per la sua conoscenza del contesto, della tradizione tecnologica e per la capacità di utilizzare un linguaggio ad essi appropriato. Il progetto inoltre venne sviluppato in un tempo lungo, poi compensato dal rispetto dei tempi previsti per la costruzione nonchè dal rispetto dei costi. Questo si chiama 'rispetto della cosa pubblica'. Nel caso del Ponte della Costituzione invece è il 'dispetto alla cosa pubblica'.


giovedì 13 settembre 2012

Il paese senza democrazia.

C'erano una volta le storie della buona notte, questa è una storia della cattiva notte.

In queste ore si sta consumando un grave affronto alla democrazia. Immaginate un comune noto per ospitare diverse aziende di fama nazionale e internazionale, che spaziano dall'acqua alla moda che si trova a far parte di una provincia alla quale è legato per storia e vicende comuni, in modo naturale. Immaginate ora un'amministrazione comunale che sta deliberando, senza mai aver interpellato la popolazione ed aver evitato qualsiasi confronto sin qui, la non adesione all'Area Metropolitana, nuovo soggetto che va a sostituire alcune province soppresse dal governo. Tutto questo in favore di un'altra provincia, questa volta ancora in vita, ma chissà per quanto.
L'accusa ad un presunto strapotere di Venezia, sostenuto da fragili valutazioni e da una serie di preconcetti, nasconde in realtà le ambizioni personalistiche di questi politici che altrimenti vedrebbero sfumare la possibilità di fare della politica il tanto agognato 'posto fisso', cosicché dopo il comune il prossimo passo non possa che essere la candidatura alla provincia.
Poco importa dei benefici che deriverebbero per esempio dal fatto che le Aree Metropolitane godono dei finanziamenti europei, e poco importa se questo comune starà a guardare.
Ciò che importa è che qualcuno stasera dormirà sonni tranquilli, cullato dalla prospettiva di una fulgida carriera senza scosse, e dormiranno sonni tranquilli anche tutti coloro che non sanno di essere stati privati della loro libertà.


Il racconto continuerà nella pagina dedicata.

domenica 9 settembre 2012

Biennale di Architettura 2012. I padiglioni nazionali esterni

La fase di avvicinamento alla Biennale inizia anche quest'anno dai padiglioni esterni alle sedi principali, quelli dislocati in città. Obiettivo del giorno: Moldavia, Lussemburgo, Portogallo e Georgia.
Nonostante l'orario di apertura siano le 10, nessuno dei primi due era aperto, perciò mi sono diretta verso quello più lontano del gruppo, che si è rivelato il più interessante. Trattasi del Padiglione del Portogallo, organizzato in due sale, la prima nella quale la voce di Antonio Tabucchi racconta Lisbona, e la seconda dove vengono proiettati dei video. Questi sono la ripresa di tre dialoghi attorno ad un tavolo, di alcuni fra i nomi più importanti dell'architettura portoghese fra cui Álvaro Siza Vieira, Eduardo Souto Moura, Gonçalo Byrne, João Carrilho da Graça, su tre temi inerenti alla città di Lisbona: il centro, il fiume, e le connessioni, sulla base di alcuni progetti specifici sviluppati dal 1988 ad oggi. Si assiste insieme ad una lezione e allo sviluppo del pensiero di un progettista. 

Interestingly, the city's periods of resurgence are linked to major catastrophes.

Post-city il titolo del padiglione del Lussemburgo. Talmente 'post' da posticipare l'apertura un'ora dopo del previsto. Esposizione poco chiara, ma c'è la cartella stampa in rete per chi fosse incuriosito.

Vicino a questo c'è il padiglione Moldavo, che tenta di raccontare come il territorio sia stato offeso da un'edilizia selvaggia. Tema interessante ma che avrei preferito fosse sviluppato in modo più pulito attraverso casi emblematici, piuttosto che con video dal montaggio convulso.

Georgia non pervenuta, la galleria sede del padiglione, dopo le 11 orario previsto, era chiusa.


venerdì 17 agosto 2012

Nuvole nere all'orizzonte. Le grandi navi a Venezia

Immaginate di percorrere le sale settecentesche di Ca' Rezzonico, circondati dagli arredi dell'epoca, passeggiando in compagnia di Tiepolo, Longhi, Rosalba Carriera, incrociando lo sguardo con le ave che all'epoca vennero ritratte, nelle quali riconosco qualcosa di familiare per via dei volumi e della fisionomia.
E salendo i piani immaginate di affacciarvi alle finestre e ammirare la stessa vista dei frequentatori dell'epoca, con un ipotetico suono di clavicembalo.


Salvo poi osservare i dettagli. Il suono stride. 
Nuvole nere all'orizzonte.




Niente di nuovo per la città, è la tendenza del momento, offendere la bellezza in virtù di un profitto effimero proposto come innovazione e progresso. Ho molte riserve sull'utilità di questo tipo di turismo, dal momento che per questioni logistiche e di tempo è inevitabile che la tipologia che trasporta è superficiale, direi 'televisiva', abituata a vedere la realtà da lontano attraverso schermi od oblò, mai completamente immersa nell'ambiente.
Sul danno ambientale e sul pericolo di far passare le navi nel Canale della Giudecca invece non ho alcuna riserva.

domenica 12 agosto 2012

Urbanistica medievale di Luigi Piccinato

'Urbanistica medievale' è un piccolo libro che ho trovato in una vecchia edizione qualche tempo fa nella libreria universitaria, ed è uno dei veicoli per viaggiare in queste mie brevi vacanze low cost.
Il saggio muove dalla considerazione che l'urbanistica italiana non sia nata con i trattatisti rinascimentali, che proponevano teorie ed ipotesi di città fantastiche, ma nel medioevo. L'approccio utopico era stato preceduto, nel medioevo appunto, da una visione della realtà nella quale le città erano il prodotto di un 'progetto collettivo' e spontaneo ma non per questo privo di rigore logico e intenzione.
Lo studio esamina lo spirito dell'urbanistica medievale italiana attraverso l'individuazione di sette tipi urbani, ognuno dei quali asseconda le peculiarità del sito al fine di soddisfare esigenze difensive, politiche oltre che estetiche. Sulle pietre di queste città si sviluppa il diritto pubblico comunale italiano. 
Il valore dell'urbanistica medievale sta nella comprensione dei luoghi e in una 'composizione  urbanistica' che non usa il tipo come dogma, ma lo assume con senso critico. Lo stesso che manca nell'amministrazione del territorio contemporaneo, dove i comuni hanno negli ultimi vent'anni deturpato il paesaggio (v. il Veneto), in una corsa disperata all'edilizia selvaggia senza qualità. Qui non si è fatta 'composizione urbanistica' ma pianificata demolizione del patrimonio.

domenica 8 luglio 2012

Picasso, Vollard, Klimt e Caronte

Sfidando Caronte ho attraversato la città per vedere le due mostre del momento prima che finiscano.
La prima all'Istituto Veneto è dedicata al rapporto fra Picasso e il suo mercante Vollard attraverso una serie di acqueforti che descrivono il loro legame nel tempo. Grazie ad alcune citazioni tratte dalla biografia di Françoise Gilot che accompagnano il percorso dell'esposizione, viene suggerita l'immediatezza congenita in Picasso fra segno pensiero e vita, per il quale il disegno è un'esigenza naturale e istintiva di comunicazione, tanto che in alcuni casi la distinzione fra la rapidità di segno di un disegno e una acquaforte si distingue solo per la tecnica. 


Le Repas frugal

La grande corrida con donna torero
(chiaro legame compositivo con Guernica)

Le chef d'oeuvre inconnu
Fra le stampe esposte, c'è una copia di Le chef d'ofeuvre inconnu di Balzac, nel quale sono raccolte delle stampe di Picasso che non furono pensate per essere delle illustrazioni ma lo diventarono successivamente. Di particolare poesia le costellazioni fantastiche.

La sfida con Caronte è continuata verso Palazzo Correr dove si tiene la mostra 'Gustav Klimt nel segno di Hoffmann e della Secessione'. Le critiche che avevo sentito non erano positive, invece sebbene non completamente esaustiva del tema annunciato nel titolo, la mostra sviluppa la relazione fra Klimt e Hoffmann nella loro ricerca verso l'opera d'arte totale influenzati dalle germinali teorie culturali che si andavano sviluppando (penso alla psicanalisi, soprattutto quando mi trovo difronte a Giuditta I e II, ma anche ad alterazioni dello stato quando i soggetti diventano onirici ed evanescenti), suggerendo le dinamiche creative a partire da alcuni ritratti di Franz Matsch che annunciano le evoluzioni cromatiche e decorative successive.  
Se nella mostra precedente spesso lo sfondo era assente, perché il segno bastava a definire lo spazio, qui lo sfondo diventa bizantino, bidimensionale e astratto. Uno spazio mentale racchiuso da cornici che diventano parte dell'opera.

lunedì 21 maggio 2012

Symmetry

Giorni di disordine e tumulti, sociali e geologici.Questa è l'epoca dell'asimmetria, mentre la simmetria non gode di grande fortuna negli ultimi decenni, sia nell'architettura che nel design di ricerca. Alla prima viene sempre associato il dinamismo ed, erroneamente, il disequilibrio, alla seconda la stasi, e quell'equilibrio sinonimo di immobilismo.
E' la simmetria bilaterale quella che viene subito in mente, che persiste come l'espediente più semplice per l'edilizia, e le composizioni in genere, di tipo scolastico nelle quali non si voglia spendere tempo nell'approfondire le relazioni fra le forme e lo spazio. Gestire un progetto con geometrie asimmetriche e conseguenti forme e spazi, ha una complessità maggiore rispetto ad uno simmetrico di stampo classico, oltre ad essere una sfida più stimolante, d'altra parte chi considera la simmetria come il solo strumento compositivo per ottenere l'armonia, in quanto ispirata dalla natura e dall'uomo, dimentica che l'uomo stesso non è mai simmetrico.
Ciò nonostante il tema della simmetria va ripreso perché è più articolato di quanto generalmente si pensi. Il libro Symmetry di Hermann Weyl del 1952, è un saggio, fondamentale per lo studio della geometria, dove sono descritte le varie tipologie di simmetria: bilaterale, chirale, traslatoria, rotazionale, ornamentale, cristallografica. 
Lo studio approfondisce i temi secondo un'ottica estetica e approfondimenti matematici, accompagnando la lettura con una serie di esempi architettonici e pittorici.
Ritengo sia utile studiare le basi per poter comprendere il presente, e la simmetria è uno di quei principi ideali che regolano la natura. Tale proposito non per ritornare a composizioni architettoniche statiche e anacronistiche, ma ancora una volta, per poter leggere la realtà che ha nel disequilibrio e nella ricerca di un nuovo equilibrio, la sua costante.




Questo libro fu pubblicato in Italia da La Feltrinelli ma non è più stato ristampato; a distanza di anni dalla mia prima lettura, della copia italiana nella biblioteca universitaria, ho acquistato una copia inglese pubblicata dalla Princeton Science Library.

giovedì 26 aprile 2012

Teoria del campo


'Teoria del campo' vol. 1 di Attilio Marcolli è uno di quei libri che per discutibili scelte editoriali, si devono inseguire da una biblioteca all'altra, oppure sperare di incontrare per caso in qualche mercatino dell'usato, dal momento che non viene stampato da anni, nonostante venga ancora inserito nelle bibliografie di diversi corsi universitari. 
Come nella migliore tradizione degli incontri casuali, ammesso che il caso esista, mi sono imbattuta in questo libro dopo varie deludenti ricerche, grazie ad una frase detta senza convinzione e ad una biblioteca che lo aveva conservato, pressoché intonso, fino a qualche settimana fa.
Si tratta di un volume fondamentale sulla percezione visiva e sull'approccio alla progettazione attraverso l'analisi della geometria e delle sue varie applicazioni in ambito compositivo, secondo l'individuazione di una serie di campi d'azione nei quali le forme si sviluppano, così come la nostra relazione con esse: campo geometrico intuitivo, campo ghestaltico, campo topologico e campo fenomenologico.
Lo studio di questo testo non è di tipo scolastico, nonostante fosse stato concepito per insegnare la visione e la progettazione nelle scuole medie, perché ha il pregio di raccontare la geometria dalla pura filosofia alla sua consistenza fisica, da teoria ad oggetto fisico, secondo un ordine logico ferreo indispensabile per organizzare i saperi multidisciplinari che confluiscono nello studio della materia.


Tomás  Maldonado, nell'intervista pubblicata ieri su La Repubblica, avverte del pericolo per l'architettura e il design di un deriva estetizzante. Forse, dopo la deriva, ci siamo arenati visto l'esubero di architettura autocelebrativa concepita da architetti dall'ego smisurato. Credo che sia venuto il momento di studiare nuovamente le basi dell'architettura a partire da libri come quello di Marcolli dove si possono individuare delle regole universali della visione e della lettura che l'uomo inconsapevolmente fa del mondo e dei fenomeni che lo circondano. Forti di questo recupero, si possono affrontare nuovi progetti che descrivano la realtà attuale.
Questo è sicuramente un discorso mosso da un'esigenza personale, ma c'è un tratto del testo che credo possa essere di valore comune a chi si occupa di progettare e che risulta quanto mai contemporaneo:
'La nostra epoca ha perduto l'oggettività assoluta che era propria delle scienze autentiche, quando la conoscenza scientifica non aveva valori per i risultati e i contenuti, ma per le intenzioni che esprimeva in rapporto al mondo della vita. Nella intenzionalità infatti risiedeva il significato delle scienze, giacchè dire intenzionalità equivaleva a dire procedimento ideativo e metodologico. Questa intenzionalità e questa oggettività non sono recuperabili tramite lo psicologismo, il comportamentismo, l'empirismo, ma tramite un ritorno radicale all'oggetto, che per la fenomenologia è ritorno al progetto metodologicamente fondato.'

sabato 7 aprile 2012

Cloudscapes


Non è un caso che dopo il colore arrivino le nuvole. Ogni post ha un legame col successivo, anche se mi rendo conto, non immediatamente decifrabile. A volte è dovuto a libere associazioni, altre a riflessioni di carattere personale tradotte nei miei argomenti di studio.
E' quindi intenzionale la scelta di pubblicare in questo periodo il video che racconta l'installazione di Transsolar + Tetsuo Kondo presentata alla Biennale di Architettura del 2010. Trattavasi di una rampa a spirale che saliva a livello dei capitelli delle colonne dell'Arsenale, attraversando una nuvola artificiale. Salendo si veniva investiti dal bianco e da un senso di smarrimento (tale da produrre riprese instabili), fino al culmine dell'altezza da cui si vedevano emergere dalla nebbia altre persone, come se si fosse entrati in un'altra dimensione; per poi scendere nuovamente nel caos al livello 0.
Questa installazione è quanto mai contemporanea, perchè descrive uno stato di fitta nebbia diffusa.
Siamo solo all'inizio di quella rampa?

mercoledì 21 marzo 2012

Una biografia sul colore


Come cambiare il punto di vista su un sapere consolidato. Ovvero come leggere la storia dell'arte attraverso uno degli strumenti che gli artisti hanno maggiormente utilizzato per esprimersi.
'Colore. Una biografia' è il saggio che Philip Ball, chimico inglese, ha dedicato alla storia dei colori e attraverso la sua ottica scientifica, percorre la storia dell'arte dandone una lettura originale e complementare. Si propone infatti, di raccontare l'evoluzione del colore nell'arte dai primi pigmenti di origine minerale a quelli commerciali di origine sintetica, spiegando di riflesso le conseguenti trasformazioni che ne sono derivate in pittura. Durante la lettura si comprende come gli artisti dovessero essere abili nella miscelazione e come, ad esempio, in epoca greca le polveri subissero un processo di degradazione dovuto alla scarsa purezza dei pigmenti tale che il risultato fosse spento e virante verso toni cupi; mentre dopo secoli di sperimentazioni durante i quali gli artisti sono chimici, alchimisti, talvolta custodi di segreti, si passa da una rappresentazione ideale e filosofica della realtà ad una visione fedele alla natura con il Rinascimento, con conseguente ricerca del materiale primario migliore e delle migliori ricette per elaborarlo. La scelta della materia prima influenzava i risultati finali e di conseguenza la fortuna di una bottega.
La biografia del colore si sviluppa attraverso i secoli, influenzando il pensiero filosofico delle varie epoche, la produzione delle idee e la percezione del mondo attraverso un vocabolario cromatico che racconta l'evoluzione del pensiero visivo.
Il libro di Philip Ball è interessante, considerando la scarsità di pittura nelle varie esposizioni d'arte contemporanea e lo snobistico disinteresse per essa, perché dimostra come l'approccio del pittore non fosse solo legato al buon disegno, ma fosse molto più complesso, mentre alla percezione attuale del colore manca il rapporto artigianale con la materia prima, in favore dei codici internazionali di classificazione dei colori.

lunedì 12 marzo 2012

Sul restauro delle Gallerie dell'Accademia

E' notizia di ieri che il Ministro ai Beni Culturali Lorenzo Ornaghi ha chiesto al Cipe 70 milioni di euro per il recupero e rilancio dei poli museali statali, di cui ne sarebbero previsti 7 da destinare alle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Tale contributo sarebbe decisivo per concludere un restauro che dura dal 2004, e che, come descritto nel post precedente, è quanto mai urgente.
Questi finanziamenti farebbero parte di una sorta di fondo europeo destinato ai cosiddetti 'attrattori culturali', di cui a quanto pare ne sono stati utilizzati una minima parte. Mancanza di programmazione? Esubero di poli attrattivi?
Uno di questi si trova, ad esempio, ad Urbino; è lo studiolo di Federico di Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino, un gioiello rivestito di tarsie lignee, purtroppo mutilato perchè parte dei ritratti di uomini illustri collocati nella parte superiore delle pareti sono divisi fra il Museo delle Marche e il Louvre, dove è lecito supporre non siano né nel contesto corretto, né ne costituiscano la maggiore attrazione.
Un altro impegno dovrebbe essere quello di recuperare queste opere per ricostituire un organismo del quale sono parte integrante.

domenica 4 marzo 2012

Lorenzo Lotto alle Gallerie dell'Accademia

Il ricorso alla bellezza è la migliore cura allo stress. E quando il livello di entrambi è alto l'effetto è quello di un reset completo.
Il conforto è venuto da una visita alle Gallerie dell'Accademia dove è ancora possibile vedere la mostra dedicata a Lorenzo Lotto con due opere prestate dall'Ermitage di San Pietroburgo. Una di queste è il Ritratto di coniugi, nel quale l'indagine psicologica si affianca agli elementi simbolici ritratti, componendo una scena il cui significato resta per noi un rebus, probabilmente chiarissimo solo ai commintenti dell'opera. A fianco c'è il Ritratto del domenicano di San Giovanni e Paolo, colto in un momento di concentrazione durante il suo lavoro di economo, e il Ritratto di gentiluomo, la cui espressione ferma e malinconica denuncia, ancora attraverso gli oggetti simbolici che lo circondano, la disputa familiare; in entrambi ritorna il tema del ritratto psicologico, sia attraverso l'espressione del soggetto che attraverso la scelta degli oggetti che ne descrivono la vita.
La mostra ha il merito di evidenziare la capacità di Lotto di raccontare le persone che ritrae, commitenti borghesi o artisti, instaurando una sorta di dialogo fra l'osservatore e il soggetto. E' un dialogo più intimo invece quello che avviene fra l'osservatore e un altro ritratto, qualche sala dopo, quando ci si trova davanti a
La vecchia di Giorgione, contemporaneo di Lotto, nel quale l'aspetto psicologico invece ha carattere universale di memento.



Il dialogo personale continua però in tutte le stanze, nelle quali si incontra il Veronese, Tiziano, e Giorgione, fra i tanti, ma in questa occasione l'attenzione è stata rapita da una tela di Vittore Carpaccio, I diecimila crocifissi del Monte Ararat, nel quale da una serie di fori concentrici escono degli angeli; che a prima vista  ricorda le visioni di Bosch e le sue macchine avveniristiche.


Dettagli curiosi e spunti di riflessione sono continui lungo il percorso, durante il quale non posso fare a meno di pensare alla dispersione del patrimono artistico italiano. La nostra storia è stata spesso oggetto di disinteresse, venduta all'estero o trascurata, un atteggiamento cui ancora assistiamo perchè è proliferato nell'arroganza di chi non rispetta e conosce il passato. Sarebbe necessario un recupero delle opere e una conservazione rispettosa di quelle esistenti (anche architettoniche), perchè il patrimonio artistico di una nazione è sia un fatto culturale, identitario e talvolta taumaturgico, ma anche, e non è da trascurare, economico.

domenica 12 febbraio 2012

Il triangolo. Il quadrato. Il cerchio.


Nella biblioteca ideale di un architetto trovano un posto, necessariamente, contiguo questi tre libelli di Bruno Munari.
Il triangolo. La scoperta del triangolo
Il quadrato. la scoperta del quadrato
Il cerchio. La scoperta del cerchio
Questi i titoli di tre libri che separatamente trattano di una delle tre figure geometriche base presentando una sorta di atlante delle varie declinazioni che nella storia tali forme hanno assunto. Dall'arte all'architettura, dalla grafica alla scienza e all'antropologia.
Volumetti tutt'altro che trascurabili, ma preziosi per capire come attraverso delle apparentemente semplici forme basilari si possano ottenere corpi complessi che soddisfano le più diverse funzioni. Il sottotitolo descrive proprio quella specie di stupore che si ha sfogliandogli. Sarà anche questa una banalità per chi è abituato a vedere l'architettura e il design contemporaneo, dove le forme sono parametriche, ma talvolta è indispensabile, per alimentare quella complessità, il ritorno alle forme primarie affinchè in quelle nuove si possano trasferire altre logiche compositive. 

p.s.: nel frattempo Fantasia, sempre di Munari, continua la sua latitanza.

domenica 29 gennaio 2012

La città

Un breve libro fondamentale, sia per gli architetti e urbanisti, per gli amministratori, per i politici e, mera speranza, per i committenti.
'La città' di Massimo Cacciari è la trascrizione di un seminario tenuto dal filosofo presso il Centro di Sant'Apollinare di Fiesole. L'apparente brevità del testo nasconde una complessa e articolata riflessione sul tema della città; nel corso del testo viene analizzato come a partire dalla polis greca e dalla civitas romana si siano sviluppati due modelli culturali che ancora esistono e si scontrano, e come la città europea sia fondata sulla contraddizione fra mobilità e stasi, per arrivare alla città post-metropolitana.
Fra le riflessioni illuminanti, vi è quella con cui si chiude il libro, sul tema della bellezza: la città è ora il risultato di secoli, e il concetto di bello non risponde più a canoni oggettivi ma ad una effimera dimensione estetica. Il carattere della città attuale è la varietas perciò il bello  dovrebbe risiedere nella concinnitas, l'arte di far convivere elementi eterogenei armonicamente. Attitudine rara.

domenica 22 gennaio 2012

Il futuro dei giovani architetti italiani

Questo albero ha qualcosa di familiare. Quando lo vedo mi ricorda la mia generazione.

Da qualche tempo raccolgo i racconti di diversi colleghi il cui denominatore comune è lo sconforto per il 'non futuro' che la nostra professione ci prospetta. Studi di architettura chiudono, o sono costretti a dimezzare i dipendenti, oppure si va avanti di mese in mese convivendo con quell'incertezza che fa accettare trattamenti censurabili. Ne risulta oltre che lo scoraggiamento e l'insicurezza, anche l'atrofizzazione delle capacità dei nuovi architetti, che condannati a non poter realizzare nulla ma ad essere, quando va bene, dei meri disegnatori di idee altrui, varcano la soglia dell'apatia. Dal momento che il numero di chi è coinvolto in questo destino è di gran lunga superiore alle archistar, ed è comunque superiore al numero di quegli architetti che ora possono vivere di rendita grazie agli anni d'oro, viene da chiedersi se non sia il momento di ripensare alla professione a partire dalla divulgazione dell'architettura e dei suoi temi perchè si sviluppi una minima cultura architettonica in grado di privilegiare la qualità, anche e soprattutto formale, rispetto al 'copia-incolla' di quell'edilizia che ha imbruttito il paesaggio italiano.
Queste righe potrebbero apparire come uno sfogo delirante, ma il tema è urgente, perchè ho la sensazione che allo stesso tempo, con quel personaggio dell'anno che è La Crisi, si stia sviluppando nelle menti più ottuse, un sentimento di disprezzo verso la mia generazione, rea della sua impossibilità ad esprimersi e quindi di formarsi, nonostante una diffusa e di alto livello formazione culturale. Questi attacchi arrivano spesso da parte di generazioni precedenti, talvolta non più all'altezza del loro ruolo, visto che le tecnologie rappresentano un nuovo stadio di selezione naturale.
I nuovi provvedimenti del governo probabilmente non faranno altro che ostacolare i giovani progettisti, o quanto meno a non migliorare la situazione attuale del mercato, mentre ad esempio, agevolare un piano per il rilievo e recupero, anche estetico, dell'edilizia degli ultimi decenni, che certamente non ha prodotto bellezza, potrebbe essere un tema su cui porre attenzione.

sabato 14 gennaio 2012

SMS per Pronto Alzheimer

Dal 16 al 30 gennaio 2012, inviando un SMS al 45503 è possibile donare 2€ per sostenere l'attività di Pronto Alzheimer, il servizio di assistenza telefonica per i familiari dei malati e per tutti coloro che sono coinvolti nella malattia.

Pubblico questo post in memoria di chi è stato colpito in giovane età dall'Alzheimer e non ha avuto il tempo di esprimersi come meritava.

domenica 8 gennaio 2012

Armenia. Impronte di una civiltà

Lo scopo di una mostra è quello di rivelare a chi la visita qualcosa di specifico e insieme universale; questo accade quando ci si avvicina alla storia di una civiltà articolata e in un certo senso riservata come quella armena.

In questo periodo a Venezia presso il Museo Correr è possibile visitare la mostra 'Armenia. Impronte di una civiltà'  che celebra il cinquecentenario della stampa del primo libro in lingua armena. Il percorso offre la possibilità di avvicinarsi alla complessità di una cultura e un popolo antico che ha concentrato nel culto della parola e del libro, come veicolo della memoria e del sapere, la sua identità culturale. E' infatti attraverso la successione dei manoscritti e delle miniature che si comprende come l'uso della parola, e prima ancora nell'individuazione dell'alfabeto armeno, sia stata determinante nel dare coesione ad un popolo che ha conosciuto la deportazione (1894 -1896, 1915 -1916).

Ivan Aivazovskij, Discesa di Noè dal Monte Ararat, 1889
Lungo le sale vi sono una serie di 'plastici' in pietra di monasteri che suggeriscono l'architettura armena, e altri contemporanei che bene dimostrano l'attenzione per la luce e gli schemi geometrici. Vi sono inoltre esposte una serie di rilievi e croci decorate a motivi geometrici, una reliquia dell'Arca di Noè e un curioso libro farmacologico dall'eloquente e ironico titolo 'Inutile agli ignoranti'.
La mostra è uno stimolo alla comprensione di una cultura affascinante, e per quanto mi riguarda anche di una architettura da approfondire, che in Venezia è stata e continua ad essere una presenza viva, che insegna come il rispetto per la cultura e l'arte siano strumento politico attraverso il quale conservare l'identità di un popolo nonostante gli sconvolgimenti storici. Una lezione, questa, su cui l'Italia contemporanea, nella quale è frequente il disprezzo per ogni forma di cultura in favore di rassicuranti mediocrità, dovrebbe almeno riflettere per arginare la sua decadenza.

Nelle sale non si può fotografare perciò non ho nessuna immagine personale che illustri quanto raccontato, però non voglio privarvi di una delle possibili viste iconografiche sulla città.


venerdì 6 gennaio 2012

The National Apavilion of Then and Now


'The National Apavilion of Then and Now' è il padiglione realizzato da Haroon Mirza alla Biennale d'Arte Contemporanea di Venezia 2011, premiato con il Leone D'Argento quale migliore giovane artista promettente.