sabato 30 marzo 2013

Una lezione di Paul Klee

Riemergo dallo studio in cui sono trincerata per pubblicare una pagina tratta da una lezione di Paul Klee che oggi mi ha illuminato, nonostante la pioggia incessante.
La traduzione sarà forse imprecisa ma il senso e l'esortazione sono chiarissime. 

"Il padre della freccia è il pensiero: come faccio a espandere la mia portata? Oltre questo fiume? Questo lago? Quella montagna?
Il contrasto tra la capacità ideologica dell'uomo di muoversi in modo casuale attraverso spazi materiali e metafisici e le sue limitazioni fisiche, è all'origine di ogni tragedia umana. E' questo contrasto tra potere e prostrazione che implica la dualità dell'esistenza umana. Metà alato metà imprigionato, questo è l'uomo!
Il pensiero sta a metà tra la terra e il mondo. Tanto più ampia è la grandezza della sua portata, tanto più la tragica limitazione dell'uomo è dolorosa. Essere spinto verso il movimento e non essere il motore!
In che modo la freccia può vincere l'attrito che la ostacola? Mai abbastanza per arrivare dove il movimento è interminabile. Rivelazione: che tutto ciò che ha un inizio può essere infinito. Consolazione: un po' più lontano del solito. E' possibile?
Siate frecce alate, puntando ad assicurare il rispetto e l'obiettivo, anche se ci si stancherà presto senza aver raggiunto il segno."
Paul Klee

martedì 5 marzo 2013

Apparato di cattura

Il concetto di lavoro attiene anche alla sfera dell'architettura come struttura sociale e politica.
In questo periodo di studio e di 'fitta sassaiola', sto rileggendo 'Apparato di cattura' di Gilles Deleuze e Felix Guattari, dove occupandosi della distinzione fra spazio liscio e spazio striato ne analizzano anche la declinazione relativa al concetto di lavoro.
Durante il XVIII secolo, il lavoro era una quantità astratta, per la quale la forza lavoro poteva essere moltiplicata e divisa secondo le esigenze, seguendo un concetto fisico-scientifico per cui la forza-spostamento e peso-altezza erano alla base del lavoro stesso. Si è imposto nel tempo un modello lavoro che è parte dell'apparato dello Stato, prendendo come modello l'uomo impiegato nel pubblico, individuando nel 'tempo libero' quello spazio nel quale esprimere la libera azione e quelle capacità ed aspirazioni spesso mortificate.
Si tratta di un sistema striato, quello statale, con regole precise che trova una esemplificazione nell'organizzazione degli eserciti.
Dove manca un modello di stato manca un modello di lavoro. Le società definite anarchiche seguono una legge, definita da G.D. e F.G. essere del 'nomos', per cui variano l'attività secondo le necessità. Uno spazio liscio.
Mentre il capitalismo ha operato su un sistema complesso che coinvolge i trasporti, le comunicazioni fino ad interferire con il tempo libero e l'alienazione, le multinazionali si muovono su uno spazio liscio senza confini e deterritorializzato.
Si è consolidata così l'idea del lavoro svincolata dalla norme dello stato che tutelano chi lavora, con un preoccupante ritorno al passato. Uno vale l'altro in virtù di una eccessiva produzione di beni che parte del mondo non riesce a consumare, mentre un'altra parte non ne ha accesso. Una delle conseguenze è l'impoverimento dei lavoratori e una 'chiamata' al sacrificio in nome della conservazione del lavoro e una più subdola tutela dello status di chi il lavoro lo offre. Tutto questo ha legittimato l'uso di metodi lontani da ogni logica di cui il precariato è una delle più note espressioni.
Ora si assiste allo scontro fra apparati striati e lisci, e al declino di una economia che ha annullato il valore dell'uomo. E' un utopia che ogni persona possa esprimere attraverso il lavoro la parte migliore di sè, assecondandone il talento, ma dal momento che conservo, a fatica, una buona dose di utopia penso che questo è il momento giusto per trovare nel 'tempo libero' l'originale espressione del sè affinchè questa non sia relegata ad un momento personale e sia affermazione del proprio valore di esseri umani.