sabato 9 maggio 2015

Anteprima Biennale 2015

Prevedevo una mattina complicata, e non sono stata smentita.
Il mal di testa notturno da weekend sebbene sia diventato una consuetudine non mi ispira particolare simpatia, e non favorisce nemmeno una mia predisposizione, poco celata, alla solitudine che a volte mi rende insofferente alla calca. Troppo facile lamentarsi quando le cose vanno storte, bisogna provare a cambiare il punto di vista.
La meta era Murano, per visitare la mostra del post precedente. 

Aggiungo un altro avverbio, 'finalmente', perché nelle ultime settimane una serie di imprevisti mi hanno sempre fatto rimandare il viaggio. Evidentemente non ero la sola ad essere mal disposta, perché sul pontile di Sant'Andrea in attesa del 4.2, assisto nell'ordine: ad una particolare richiesta d'aiuto e al litigio fra una distinta signora agé, e un'agguerrita coppia di coniugi armati di bambino passeggino monopattino.
Sebbene fossi in disparte mi colpisce un signore che poggia in un angolo, con molta cura, un borsone logoro, e si dirige, chiedendo cortesemente di passare, verso la catena che delimita l'ingresso al vaporetto. La toglie perché dice 'sennò sembra di essere in un carcere'. Dopo qualche minuto di tranquilla attesa, dal punto privilegiato in cui si trovava, davanti alla 'platea' inizia con voce ferma e tonante il suo discorso. Descrive la sua vita di senza fissa dimora, "vivo dove capita, senza lavoro da tempo, e mi devo arrangiare. Vi chiedo una piccola colletta per superare questo giorno, e vi assicuro che questi soldi servono solo per vivere, non per altro. Vi dico anche non è assolutamente obbligatorio." Questa è una sintesi di un discorso composto, forse il frutto di un rodaggio, e dignitoso. Qualcuno accoglie la sua richiesta di aiuto, d'altra parte male non fa e le occasioni giuste non capitano a tutti nella vita. 
Poco dopo l'incanto della solidarietà di pochi tra l'indifferenza di molti, alle mie spalle gli animi si scaldano. La mamma di cui sopra esclama "che problema ha? E se il  bambino mi cade in acqua? Me lo tira sù lei così vediamo quanto sa nuotare?" La signora agé abbozza qualche frase, ma è così alta ed elegante che guarda con sufficienza la donna. La questione è nata perché sarebbe buona norma rispettare la fila, ma non c'era alcun motivo né di farlo presente né di alterarsi perché di spazio ce n'era per tutti. La situazione diventa grottesca quando arriva anche il marito e affronta la signora "che cos'ha da lamentarsi? Abbiamo il bambino (fra l'altro tranquillo come pochi), il passeggino, vuole che il bambino ci finisca in acqua?" (eppure era anche grande abbastanza per non passare fra i fori della passerella). Mancava la quarta persona, infatti arriva una signora coetanea di quella alta, che conosce entrambe e con un sorriso riappacificatorio, invita la mamma a stare calma che non è successo niente. Quest'ultima capendo l'antifona smette di commentare, ma il marito che forse aveva perso il passaggio continua sino al finale "sono queste le persone che poi vanno anche in chiesa e ai funerali!" Cosa c'entrasse l'ho capito dopo, intanto la moglie ha cominciato ripetutamente a dirgli di smetterla.
Anche l'uomo con la sua casa nel borsone era smarrito alla vista di questa scena, lui che ormai conversava con delle signore anziane facendo loro i complimenti per come portavano gli anni.
Il mal di testa se n'è andato, forse per distrazione, ma mi è venuto un dubbio.
Se accogliessi il punto di vista di moda oggi, dell'ottimismo nonostante tutto, allora penserei di trovarmi nel mezzo di un happening della Biennale. Allora tutto si rivestirebbe di una certa ilarità e leggerezza, ma se lo vedo con gli occhi e la testa sgombri, vedo il malessere e le tensioni di un paese nervoso dove non va tutto bene ma non va di moda di pensarlo perché c'è uno slogan al giorno a dirci il contrario.
Il viaggio prosegue, lentissimo, però mi da il tempo di vedere un lato della città che frequento poco, essere schiaffeggiata dall'acqua alzata da un barchino a tutta velocità, e percorrere un tratto di laguna a fianco di una bara portata da una barca. Toh, proprio per questa scenderanno a San Michele i protagonisti del litigio e magari risolveranno attriti che si potrebbe pensare durino da tempo.
Arrivo al Museo del Vetro. Il tempo è migliorato, il mal di testa andato, basta entrare. Chiedo se l'ingresso alla mostra è lo stesso del museo, e mi rispondono che lo è ma proprio oggi hanno ricevuto la comunicazione che la mostra è chiusa al pubblico per foto e inventario (!?). Ormai ho una flemma invidiabile, e un certo fatalismo, però ripenso all'attesa, al viaggio lungo quasi un'ora (tutte le fermate...), al fatto che non vi fossero avvisi nel sito il giorno prima, all'happening, al litigio, alla calca...decido che tornerò. E se fossi arrivata apposta da più lontano? La metto nella lista delle mostre andate storte, insieme a quella volta che ne ho percorsa una tutta al contrario. Ci vuole un certo talento a collezionarne.
Torno in città, a Murano tornerò nelle prossime settimane, ora c'è il tour dei padiglioni, perché finora, quello che ho visto potrebbe esserne l'anteprima.
Life is a stage.

2 commenti:

  1. Ciao! Leggendo il tuo resoconto mi è sembrato di essere per 5 minuti sul pontile con te! Ho rivissuto il vociare, le immagini, le situazioni un po' grottesche nelle quali anche a me è capitato di imbattersi ... e che con la tuA capacità di osservazione e di riflessione riesci a descrivere alla perfezione. Una lettura davvero piacevole! In ogni caso anche io devo ancora vedere la mostra al Museo del Vetro purtroppo ...
    Spero che almeno tu nel frattempo ci sia riuscita!
    Ciao
    Lisa

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  2. Ciao Lisa, il tuo complimento mi lusinga e imbarazza. Grazie!
    Alla mostra sono riuscita ad entrare la settimana dopo, la delusione per l'assenza del mio progetto realizzato era prevista, ma non sarà questo episodio a fermare la mia ricerca. Il Museo del Vetro merita in ogni caso una visita e anche l'isola.

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