domenica 23 ottobre 2011

Chance

Il concetto di arte non è sintetizzabile con un aforisma, ma nel caso di 'Chance' è l’opera stessa ad essere un ottima descrizione di cos’è un’installazione. È un percorso emotivo che racconta l’idea dell’artista e insieme suggestiona l’astante che attraverso le sue sensazioni sarà sollecitato a riflettere sul tema dell’installazione e su quelli che nasceranno dalle sue esperienze personali.

‘Chance’ è l’allestimento, toccante e lacerante insieme, di Christian Boltanski all’interno del Padiglione Francia ai Giardini della Biennale. Uno spazio labirintico tridimensionale, realizzato con tubi innocenti, all’interno del quale, come fosse una grande rotativa, scorre una macropellicola nella quale ad ogni fotogramma corrisponde il primo piano di un neonato. Appena si entra si viene investiti dal suono ferroso della macchina, dallo scorrere delle immagini e dalla vertigine nel percorrere la griglia cubica nella quale ci si muove, e nella quale non ci si può che muovere guardando verso l’alto a seguire l’andamento delle facce. È una macchina della quale siamo spettatori sebbene sembri di esserne risucchiati come Charlot in ‘Tempi moderni’. Nella stanze laterali due display non smettono di scorrere numeri, mentre nella stanza centrale, oltre la macchina, scorrono invece delle composizioni casuali di volti scomposti, in primo piano, di adulti e bambini, che attraverso un pulsante si possono bloccare per ottenere dei volti più o meno verosimili.

È un opera, termine da usare con parsimonia, che trae la sua forza dal fatto di essere un progetto. Per questo è densa di temi e sottotemi. La prima sensazione è quella di trovarsi all’interno della macchina di un demiurgo in grado di produrre esseri umani, da qui il pensiero si sposta al ricordo di quelle aberrazioni del primo ‘900, alla Shoah, alla necessità di preservarne la memoria perché quel male non si ripeta. Il monito alla memoria si fa più forte quando una sirena annuncia lo stop della rotativa e quelle facce che prima scorrevano indistinte, ora si distinguono chiaramente e richiamano all’idea di storia individuale e collettiva.
Talvolta le installazioni sono viste con scetticismo dal pubblico, sia per scarsità dell’installazione stessa, quando si vuole stupire gratuitamente, sia per la pigrizia nel volerne comprendere le ragioni. 'Chance' è prima di tutto un progetto preciso. Sia teorico che spaziale. Per questa complessità merita l’attenzione e di viverne l’esperienza.


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