Musica fluida in spazio geometrico.
Questa in sintesi l'esperienza del giorno.
Il flaneur veneziano, quelle passeggiate senza meta ma con soste precise che caratterizzano questo mie genere di giornate, ne aveva una precisa oggi al Teatrino di Palazzo Grassi dove l'occasione è stata l'installazione sonora site specific di Teho Teardo 'Sea Change', in occasione della mostra di Damien Hirst. Il percorso per arrivarci è tortuoso, come di regola in questa città, di conseguenza maggiore è la sensazione di essere avviluppati in uno spazio puro quando si entra nel foyer del teatrino. I volumi disegnano linee nette dove le connessioni sono precise e il minimalismo dei rapporti fra vuoto/pieno, e le differenti direttrici sono essenziali. Tutto pare essere al posto giusto. Non esiste stonatura. Circondata dall'architettura di Tadao Ando, mi sono immersa nella musica di Teardo, dove la sua sperimentazione unisce i suoni dei fondali lagunari ad altri suoni e parole. Tutto si mescola e in questa bolla quasi spirituale rispetto all'esterno, tutto diventa fluido e scivola lungo le pareti, non resta che fermasi e ascoltare dei suoni dal profondo, forse non molto diverso dai suoni interiori di ognuno di noi. Allora ascolto fino a non sentire; quello stato in cui non si percepisce perchè si è avvolti dal tutto, e forse si diventa parte di quel flusso.
Certi regali arrivano inaspettati come questa esperienza, che mi ha dato la possibilità di restarmene seduta in uno spazio dove tutto ha un senso, ed è stato un altro regalo capire che si stanno ascoltando quei suoni con l'autore presente che gentile ti porge il testo di introduzione, mentre poco dopo di fronte vedi attraversare il foyer Abel Ferrara che la sera si esibirà nello stesso teatro.
Avevo bisogno di una pausa, così come per mesi non ho scritto e di colpo oggi dopo questa giornata mi è venuto naturale. Ogni cambiamento porta con se' caos, nuove esperienze, altre inevitabili ferite, qualche soddisfazione, belle scoperte che riempiono gli occhi, forse qualcosa da raccontare, ma in ogni fase di trasformazione non c'è il tempo di tornare all'origine. Quindi meglio attraversare il caos per fermarsi quando sarà passato. Allora si possono ricomporre i pezzi e l'architettura di se.
Uscita dal teatro, fendo lo spazio invaso dai turisti verso nuove mete.
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