(…) concepisco la casa come una macchina d'abitazione, un processo vitale, una cosa viva, dinamica, che cambia secondo l'umore di chi vi abita, non un morto catafalco statico e ipertrofico. Ma perché dobbiamo lasciarci inceppare dalle concezioni congelate dei nostri avi? Qualunque idiota con una infarinatura di geometria descrittiva può disegnare una casa tradizionale. La geometria statica di Euclide è forse la sola matematica? [1]
Il ruolo della geometria è sempre stato quello di fornire apparato
scheletrico e sostanza all'architettura. Tutti i progetti nascono da una
struttura geometrica che anche se non immediatamente intellegibile, si può
percepire dalle forme e dalle relazioni che queste instaurano con lo spazio
circostante. All'origine del processo compositivo, vi è la necessità di dare un
ordine al processo stesso, attraverso quella logica che in architettura è
assimilabile alla geometria. Si può parlare di geometria strumentale, in grado
di articolare forme base in forme composte, e di una geometria astratta e
concettuale quando dà consistenza a quel pensiero che origina l'idea
progettuale. Nel primo caso la geometria è strumento sintattico del discorso
formale, perché permette di narrare l'evoluzione dei rapporti tra le forme
geometriche; nel secondo caso il racconto è metafora filosofica, scarnificato
dalle sovrastrutture torna ad essere scheletro.
Lo schema progettuale è sempre presente in un progetto che funziona, sia in
quanto mezzo dell'evoluzione creativa, che come sottotesto teorico e filosofico
dell'oggetto architettonico, ne è la logica che guida il processo creativo.
La scoperta della geometria è all'origine dell'architettura intesa come
spazio progettato e non solo riparo primitivo per l'uomo, da quando l'ombra
delle piramidi è servita per misurarne le dimensioni e conseguentemente tutte le
dimensioni inaccessibili. Per secoli la geometria euclidea è stata il dogma di
ogni atto compositivo primigenio e allo stesso tempo l'unico strumento
attraverso il quale percepire e comprendere la realtà riducendola a forme
elementari. Dopo secoli di primato euclideo e la naturale identificazione della
sua geometria con l'arte classica, a partire dal XIX secolo si succedettero due
silenziose rivoluzioni. La prima ad opera di János Bolyai e Nikolaj IvanoviÄ
LobaÄevskij, i quali dimostrarono la contraddizione del V postulato euclideo,
provando l'esistenza di altri mondi geometrici possibili. La seconda è databile
nel 1975, quando Benoit Mandelbrot decodifica la geometria frattale e quelle tre
proprietà che, come per le virtù dell'architettura indicate da Vitruvio,
utilitas firmitas e venustas, diventano condizioni necessarie per definire un
oggetto frattale: scalarità, iterazione e omotetia.
Questa intuizione ha il merito di individuare un apparato teorico e pratico
in grado di produrre immagini geometriche che non sarebbero altrimenti
descrivibili con la geometria euclidea, e alla nascita di una nuova logica
compositiva che non contempla più un unico spazio possibile e implica nuove
riflessioni scientifiche e artistiche che influenzeranno per questo le più
diverse discipline del sapere. Prova ne sia che le curve di Koch, quelle di
Peano, il tappeto di Sierpinski, sono diventate immagini iconografiche della
geometria complessa tanto da influenzare le arti e la filosofia perché hanno
contribuito a cambiare il punto di vista sulla percezione delle cose.
Consciamente o meno l'architettura ha sempre attinto dall'ambiente
scientifico, tant'è che negli ultimi anni si è andata consolidando l'esistenza
di una architettura che fa dell'approfondimento delle geometrie complesse la sua
cifra stilistica, individua nuove forme mutuate dalla ricerca matematica, con
l'ausilio dei sistemi di calcolo informatico e afferma da subito la sua
dipendenza rispetto alle nuove geometrie. Una corrente fra tutte è quella
dell'architettura frattale, divenuto un tema su cui esiste già diversa
letteratura, spesso però, letture a posteriori su edifici precedenti la scoperta
di Mandelbrot e di Gaston Julia.
Un esempio recente è il Lab architecture studio, che concepisce edifici
utilizzando la geometria frattale. Nel 1997 realizzò la Federation Square a
Melbourne, i cui volumi e le destinazioni dei corpi dell'edificio sono distinti
dall'uso diverso che viene fatto del pattern triangolare ripetuto sulle
superfici. Il modulo è un triangolo composto da diversi triangoli che compongono
una figura simmetrica, questa accostata ad altre forme uguali ad essa ma ruotate
secondo diversi assi, disegna una facciata frammentata. L'atrio è concepito come
un groviglio metallico dove il medesimo modulo viene ripiegato in tre a formare
un altro modulo, questa volta tridimensionale. La medesima logica è stata
utilizzata in altri progetti dove la geometria viene dichiarata esplicitamente
più come elemento decorativo parietale che ossatura della composizione dei
volumi.
Un altro progetto di origine frattale è quello vincitore del concorso per il
museo egizio a Giza, vinto dello studio Heneghan.Peng.Architects. Il tema
formale del progetto consiste nel voler creare un legame fra il passato della
cultura egiziana, laddove nacque la geometria, trovando una connessione visiva e
formale con il presente. Il museo è una citazione sia delle piramidi che
dell'evoluzione che in geometria ha avuto il triangolo, in modo particolare con
il triangolo di Sierpinsky. Infatti le facciate dell'edificio sono prodotte
dall'iterazione di detto triangolo, diventato pattern formale, l'elemento
ricorrente che citando le piramidi ne interpreta la bidimensionalità, come se
dall'ombra che fondò la geometria non vi fosse stata altra evoluzione;
moltiplica un modulo frattale in modo euclideo e bidimensionale. In termini di
geometria architettonica sembra essere una citazione acritica.
Nei casi di architettura frattale sembra esservi una propensione a relegare
tale tipo di geometria ad elemento decorativo e bidimensionale mentre raramente
si trovano progetti dove lo spazio è il prodotto delle stesse riflessioni
matematiche. Eppure viviamo un uno spazio più complesso nel quale lo scheletro
geometrico non è solo da considerasi quell'insieme di strutture portanti che
sorreggono l'intero edificio e danno consistenza fisica alla tettonica del
costruito, ma anche quell'insieme di segni geometrici che definiscono aree e
volumi all'interno delle quali l'uomo si muove, che stanno all'origine dell'atto
compositivo e si rivelano nell'esperienza dello spazio.
Makoto Sei Watanabe scrive: "Usare la teoria del caos e dei frattali non
significa creare forme che assomigliano agli attrattori di Lorenz o a curve dai
profili frastagliati. E' il processo che contribuisce al progetto, non le forme".
[2]
La sua è una logica ferrea attraverso la quale il progetto viene creato
insieme ai sistemi informatici, liberando l'architetto dalla responsabilità del
risultato, perché una volta definiti i parametri iniziali, i vincoli e i limiti
cui il progetto deve rispondere, il risultato sarà dovuto al processo matematico
del programma informatico utilizzato. Dalla lettura delle invarianti in natura,
sviluppa l'ipotesi di un "seme' architettonico che sottoposto ad un processo
d'iterazione simile a quello naturale, produce, per una sorta di "gemmazione"
leonardesca, organismi complessi, città o edifici, alla stregua dell'equazione
frattale iterata. Il metodo è l'ossatura del progetto. È così che per il
progetto del Sun God City reinterpreta la povere di Cantor, perché concepisce il
volume come un albero attratto dall'energia solare, a cui il computer asporta
progressivamente parte del volume del cubo iniziale per far sì che il sole
penetri in ogni porzione. La logica di progetto risolve un problema pratico.
Nel racconto di Henlein "And He Built a Crooked House", viene descritta
l'avventura fantascientifica all'interno di una casa basata sulla geometria
complessa del tesseract. Il finale del racconto non è confortante in quanto
esclude che vi possa essere un'alternativa allo spazio euclideo, più
rassicurante rispetto alle geometrie complesse. Ma l'esperienza dell'uomo
contemporaneo è già plurispaziale, contesa fra spazi reali e virtuali, identità
reali e avatar informatici; si tratta ora di progettare il vuoto come entità
reale, e non come spazio di risulta fra i segni. L'uso che fino ad ora è stato
fatto della geometria frattale, e le altre non euclidee, spesso non riesce a
spingersi oltre l'autorefenzialità. Le cause da ricercare nel ritardo con cui le
geometrie complesse sono state introdotte nell'architettura, rispetto alle altre
arti, sta probabilmente in due ragioni: da una parte la difficoltà di realizzare
forme matematiche fino al momento in cui i sistemi informatici sono diventati
elemento necessario della progettazione, dall'altra parte per l'abitudine a
ricorrere ad operazioni compositive consolidate e il tempo fisiologico durante
il quale i termini scientifici vengono tradotti in un nuova grammatica. Ma il
fascino che l'architettura subisce dalla scienza diventa sterile qualora non
produca nuovi metodi compositivi. La geometria deve passare dall'essere
esclusivamente strumento di disegno a filosofia del metaprogetto, a struttura
mentale che sviluppa l'idea di progetto prima ancora di averne prodotto la
forma.
Ora la sfida consiste nel progettare spazi abitabili attraverso le geometrie
complesse per dimostrare che possono produrre nuove forme e nuove idee di spazio
più vicine ai mondi paralleli in cui si muove l'uomo contemporaneo. Nel contempo
lo studio delle geometrie va visto come un'operazione disciplinare che viene
imposta sia al progetto nell'atto formativo, sia al modus operandi del
progettista quale guida nel creare le relazioni e le gerarchie, e strumento per
creare armonia e bellezza.
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© Arabella Guidotto 2014
Note:
1 "And He Built a Crooked House", di Robert A. Heinlein , 1941; "Racconti
matematici', ed. Einaudi, 2006
2 "Induction design' di Makoto Sei Watanabe, ed. Testo e Immagine, 2004
Arabella Guidotto
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