Da stamattina un persistente mal di testa accompagna ogni piccolo movimento del capo.
E' un accumulo di stress che quasi ogni sabato evapora nell'arco di una giornata. E' anche il risultato di un rallentamento repentino del ritmo, ma nonostante sappia a cosa vado incontro decido per questo giorno l'andamento sarà lento lasciando sfogare il cumulo nervoso.
Un tè verde caldo accompagna la lettura dei quotidiani. Le notizie non sono confortanti, ma come stupirsi ancora dell'arroganza di cui sono farcite le cronache delle prime pagine dei giornali? Così prosegue la lettura, tra una fitta alle tempie e un sorso di tè. Ma in ogni racconto c'è un momento di svolta, in questo avviene ora. Un titolo mi coglie di sorpresa, la testa pulsa e del tè finisce sul tavolo. A quanto pare il sindaco di Venezia propone la vendita di alcune opere di proprietà dei musei civici veneziani per far fronte ai debiti che le precedenti amministrazioni hanno accumulato e che lui, con la sua, non riesce a risolvere.
Più precisamente si riferisce a Judith II Salomè di Klimt e Il Rabbino di Vitebsk di Chagall, definendoli modernariato che nulla ha a che fare con la città.
Istante di silenzio (magari le tempie rallentano le pulsazioni).
Raccogliamo le idee (e puliamo un po' il tavolo).
Intanto si pensi a cosa significa il termine 'modernariato'. Per facilitare la lettura inserisco la definizione della Treccani sulla quale ripongo una certa fiducia.
modernariato s. m. [der. di moderno, formato recentemente nel linguaggio commerciale e pubblicitario sul modello di antiquariato]. – Attività consistente nel ricercare e raccogliere, a scopo di commercio o di collezionismo, mobili, elettrodomestici, suppellettili, accessorî personali, ecc., prodotti industrialmente per lo più nel periodo compreso tra il secondo dopoguerra e gli anni ’60, e generalmente ritenuti significativi in quanto testimonianze dell’evoluzione del design; in senso concr., l’insieme degli oggetti raccolti e catalogati nell’ambito di tale attività: mostra del m.; raccolta di m.; un collezionista, un mercante, un esperto di modernariato.
Procediamo per logica.
Dati oggettivi: entrambe le opere non sono degli anni '60, nè tantomeno oggetti di design, a meno che il sindaco non abbia visto esclusivamente la cornice dell'opera di Klimt. In ogni caso il quadro di Judith è datato 1909, e quello di Chagall tra il 1914 e il 1922.
Responso: l'antico è tale quando supera i cento anni, quindi trattasi di opere antiche nonché, pensi sindaco, lo stesso vale anche per i mobili.
Quanto al giudizio per il quale entrambe le opere siano avulse dal contesto veneziano, ricordo che il ghetto veneziano è il più antico del mondo e la sua comunità ha dato alla città, nei secoli scorsi come oggi, un apporto fondamentale sia dal punto di vista culturale che politico. Chagall stesso era di origine ebraica, e quest'opera si riferisce in particolare al rabbino del suo paese natale, distante dal suo stile più noto dove la dimensione sognante ben si accomuna alla città, ma forse proprio per questo da vedere con maggiore interesse.
Per quanto riguarda Klimt, sostenere che il suo bizantinismo non abbia alcun legame con Venezia è semplicemente imbarazzante.
Che si tratti di una boutade del sindaco per ottenere attenzione è un'opzione da considerare, ma è comunque sintomo della deriva populista del dibattito politico. Quando non si sa cosa fare, quando è scarsa l'esperienza amministrativa e gli errori del passato sono un peso gravoso, allora meglio scaricare le colpe sugli altri prima che qualcuno si accorga della tua inadeguatezza. E per farlo si utilizzino argomenti che suscitino scalpore. Se anche fossero altre le opere proposte alla vendita, emerge ancora una volta la mancanza di rispetto per l'arte e la cultura, che sono elementi naturali del microcosmo veneziano.
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