Furio Colombo al Padiglione Italia
Al Padiglione Italia si può arrivare un po' prevenuti, sapendo che all'interno vi è un'analisi dell'esperienza di Adriano Olivetti, si può pensare che sia l'ennesima operazione nostalgia.
E' stata la voce autorevole di Furio Colombo oggi a eliminare la nebbia del preconcetto, raccontando la sua diretta esperienza come dirigente alla Olivetti a soli 26 anni e la conoscenza in prima persona di quel caso luminoso quanto al momento unico in Italia, di competenza lungimirante e capacità di pensare e costruire un'economia e una società moderna.
E' difficile riassumere il discorso complesso e ricco di riflessioni cui ho assistito, ma ci sono alcune considerazioni che ho ascoltato, che ritengo necessarie siano trasmesse.
La scelta di presentare alla Biennale il caso Olivetti, non va visto come un atto che guarda al passato, ma un richiamo perchè 'se un fatto come questo è accaduto, significa che può accadere di nuovo'. Purchè cambi la selezione delle risorse. In Olivetti, ha raccontato Colombo, vi era un dipartimento che si occupava della ricerca costante e della selezione del personale, ma contrariamente all'ottica attuale portata ad occupare temporaneamente posti di lavoro annullando le reali competenze e predisposizioni dei candidati (tanto meno i comprovati curriculum), nell'azienda vi era l'idea che il lavoratore fosse un talento speciale e per questo valorizzandolo diventasse il valore aggiunto del sistema aziendale, e infine del prodotto. E' il concetto diametralmente opposto a quello che ha propinato il sistema economico negli ultimi decenni, ovvero che 'nessuno è indispensabile, ma tutti sono sostituibili'. Questo concetto deformante, ha reso possibile la proliferazione di dirigenti selezionati in base alla capacità di tagliare, in grado a fine anno di 'dividere i dividendi', e discutere in località prestigiose dell'annoso problema del costo del lavoro.
Un atteggiamento quello di Olivetti che non può certo essere accusato di essere sognatore dal momento che i risultati sia industriali che urbanistici sono una lezione ancora attuale.
Dalla parte opposta della sala c'è un bosco, anzi un sottobosco che alla luce delle parole ascoltate appare come il fermento giovane e rigoglioso che cerca di crescere fra i rovi e l'aridità culturale.