mercoledì 21 marzo 2012

Una biografia sul colore


Come cambiare il punto di vista su un sapere consolidato. Ovvero come leggere la storia dell'arte attraverso uno degli strumenti che gli artisti hanno maggiormente utilizzato per esprimersi.
'Colore. Una biografia' è il saggio che Philip Ball, chimico inglese, ha dedicato alla storia dei colori e attraverso la sua ottica scientifica, percorre la storia dell'arte dandone una lettura originale e complementare. Si propone infatti, di raccontare l'evoluzione del colore nell'arte dai primi pigmenti di origine minerale a quelli commerciali di origine sintetica, spiegando di riflesso le conseguenti trasformazioni che ne sono derivate in pittura. Durante la lettura si comprende come gli artisti dovessero essere abili nella miscelazione e come, ad esempio, in epoca greca le polveri subissero un processo di degradazione dovuto alla scarsa purezza dei pigmenti tale che il risultato fosse spento e virante verso toni cupi; mentre dopo secoli di sperimentazioni durante i quali gli artisti sono chimici, alchimisti, talvolta custodi di segreti, si passa da una rappresentazione ideale e filosofica della realtà ad una visione fedele alla natura con il Rinascimento, con conseguente ricerca del materiale primario migliore e delle migliori ricette per elaborarlo. La scelta della materia prima influenzava i risultati finali e di conseguenza la fortuna di una bottega.
La biografia del colore si sviluppa attraverso i secoli, influenzando il pensiero filosofico delle varie epoche, la produzione delle idee e la percezione del mondo attraverso un vocabolario cromatico che racconta l'evoluzione del pensiero visivo.
Il libro di Philip Ball è interessante, considerando la scarsità di pittura nelle varie esposizioni d'arte contemporanea e lo snobistico disinteresse per essa, perché dimostra come l'approccio del pittore non fosse solo legato al buon disegno, ma fosse molto più complesso, mentre alla percezione attuale del colore manca il rapporto artigianale con la materia prima, in favore dei codici internazionali di classificazione dei colori.

lunedì 12 marzo 2012

Sul restauro delle Gallerie dell'Accademia

E' notizia di ieri che il Ministro ai Beni Culturali Lorenzo Ornaghi ha chiesto al Cipe 70 milioni di euro per il recupero e rilancio dei poli museali statali, di cui ne sarebbero previsti 7 da destinare alle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Tale contributo sarebbe decisivo per concludere un restauro che dura dal 2004, e che, come descritto nel post precedente, è quanto mai urgente.
Questi finanziamenti farebbero parte di una sorta di fondo europeo destinato ai cosiddetti 'attrattori culturali', di cui a quanto pare ne sono stati utilizzati una minima parte. Mancanza di programmazione? Esubero di poli attrattivi?
Uno di questi si trova, ad esempio, ad Urbino; è lo studiolo di Federico di Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino, un gioiello rivestito di tarsie lignee, purtroppo mutilato perchè parte dei ritratti di uomini illustri collocati nella parte superiore delle pareti sono divisi fra il Museo delle Marche e il Louvre, dove è lecito supporre non siano né nel contesto corretto, né ne costituiscano la maggiore attrazione.
Un altro impegno dovrebbe essere quello di recuperare queste opere per ricostituire un organismo del quale sono parte integrante.

domenica 4 marzo 2012

Lorenzo Lotto alle Gallerie dell'Accademia

Il ricorso alla bellezza è la migliore cura allo stress. E quando il livello di entrambi è alto l'effetto è quello di un reset completo.
Il conforto è venuto da una visita alle Gallerie dell'Accademia dove è ancora possibile vedere la mostra dedicata a Lorenzo Lotto con due opere prestate dall'Ermitage di San Pietroburgo. Una di queste è il Ritratto di coniugi, nel quale l'indagine psicologica si affianca agli elementi simbolici ritratti, componendo una scena il cui significato resta per noi un rebus, probabilmente chiarissimo solo ai commintenti dell'opera. A fianco c'è il Ritratto del domenicano di San Giovanni e Paolo, colto in un momento di concentrazione durante il suo lavoro di economo, e il Ritratto di gentiluomo, la cui espressione ferma e malinconica denuncia, ancora attraverso gli oggetti simbolici che lo circondano, la disputa familiare; in entrambi ritorna il tema del ritratto psicologico, sia attraverso l'espressione del soggetto che attraverso la scelta degli oggetti che ne descrivono la vita.
La mostra ha il merito di evidenziare la capacità di Lotto di raccontare le persone che ritrae, commitenti borghesi o artisti, instaurando una sorta di dialogo fra l'osservatore e il soggetto. E' un dialogo più intimo invece quello che avviene fra l'osservatore e un altro ritratto, qualche sala dopo, quando ci si trova davanti a
La vecchia di Giorgione, contemporaneo di Lotto, nel quale l'aspetto psicologico invece ha carattere universale di memento.



Il dialogo personale continua però in tutte le stanze, nelle quali si incontra il Veronese, Tiziano, e Giorgione, fra i tanti, ma in questa occasione l'attenzione è stata rapita da una tela di Vittore Carpaccio, I diecimila crocifissi del Monte Ararat, nel quale da una serie di fori concentrici escono degli angeli; che a prima vista  ricorda le visioni di Bosch e le sue macchine avveniristiche.


Dettagli curiosi e spunti di riflessione sono continui lungo il percorso, durante il quale non posso fare a meno di pensare alla dispersione del patrimono artistico italiano. La nostra storia è stata spesso oggetto di disinteresse, venduta all'estero o trascurata, un atteggiamento cui ancora assistiamo perchè è proliferato nell'arroganza di chi non rispetta e conosce il passato. Sarebbe necessario un recupero delle opere e una conservazione rispettosa di quelle esistenti (anche architettoniche), perchè il patrimonio artistico di una nazione è sia un fatto culturale, identitario e talvolta taumaturgico, ma anche, e non è da trascurare, economico.